Ciao Romolo, sono un collega di Firenze. Chiedo un consiglio visto che qui in Toscana brancoliamo un po’ nel buio … come va tenuto di conto l’effetto cinematico e quello inerziale all’interno della formula per il calcolo della capacità portante? Ci sono in letteratura metodi riconosciuti validi per le nuove NTC? Leggo dei metodi di Richards, Paolucci & Pecker, Maugeri, Kumar … che suggerimento puoi dare sul tipo di metodo? Usando la classica Brinch-Hansen, per cui nel caso angolo attrito nullo si riduce a Qlim= 5.14xCux(1+Sc+Dc-Ic-Gc-Bc)+q come devono essere inseriti i coefficienti di riduzione sismica nel caso di utilizzi il metodo di Paolucci & Pecker? Insomma mi sbaglierò ma mi pare che la componente sismica come effetto della riduzione della capacità portante sia ritenuta di importanza secondaria da molti colleghi toscani visto che non trovo colleghi abbastanza preparati sull’argomento con cui confrontarsi, me compreso … lacuna che in qualche modo credo debba essere colmata. Sono quindi a chiederti suggerimenti, indicazioni, chiarimenti o anche dibattiti sull’argomento. Grazie della disponibilità. Nicola.
Ciao Nicola e grazie per la fiducia che mi riponi… appioppandomi un argomento che toglie il sonno a molti! Ma vediamo come ragionarci sopra e giungere ad una risposta sintetica. Innanzitutto partiamo dalla risposta delle terre nei confronti delle sollecitazioni cicliche e/o dinamiche che conduce sempre alla generazione di sistemi idraulicamente chiusi, qualunque sia la natura granulometrica, rispetto alla durata delle stesse. Ciò premesso, e considerato che il terreno risponde sempre al principio delle tensioni efficaci, il problema può essere ricondotto alla variazione della resistenza ciclica non drenata quale combinazione della degradazione della coesione efficace e dell’angolo di resistenza al taglio con lo sviluppo di sovrappressioni interstiziali. Ovviamente, con effetti diversificati se in presenza di sabbie o di argille, tanto che in quest’ultimo caso la variazione Deltau non può produrre gli effetti tipici delle sabbie, ovvero la liquefazione, in relazione alla predominanza di un comportamento elettrostatico associato alle forze di superficie piuttosto che di massa. Traslando tali elementi al calcolo della capacità portante delle fondazioni in presenza di sisma risulta che “occorrerebbe” riferirsi alla resistenza al taglio ciclica non drenata per le sabbie ed alla coesione non drenata ciclicamente degradata per le argille, con ovvie ripercussioni in termini pratici di non trascurabile importanza. Non solo: occorrerebbe dover tenere anche conto dei fenomeni associati alle grandi deformazioni relative alle fondazioni superficiali progettate con bassi valori dei coefficienti di sicurezza tipici del metodo agli SLU. Quale soluzione? Nel caso delle sabbie ritengo che la soluzione di Paolucci & Pecker sia appropriata, conducendo all’introduzione, nell’equazione trinomia classica, dei coefficienti vh, ve e vi dipendenti dalla forza orizzontale, dall’eccentricità del carico e dall’inerzia del terreno tramite il coefficiente di accelerazione sismica orizzontale (non entro nei dettagli perché tali relazioni sono facilmente reperibili nel web). In alternativa può essere utilizzata anche la soluzione classica con il calcolo della base ridotta in funzione dell’eccentricità dei carichi generata dall’incremento dei momenti flettenti simicamente indotti. Attenzione, però, che i due metodi non possono (a mio giudizio) essere mischiati, come mi è capitato di vedere, poiché si assisterebbe ad una drastica (ed irrealistica) diminuzione della capacità portante stante il doppio uso dell’eccentricità. Il problema assume una veste diversa in presenza di argille, poiché la formula da te citata non fa alcun riferimento alla geometria della fondazione. La soluzione che adotto consiste nell’introduzione del fattore di inclinazione del carico ic:
essendo Br ed Lr la base e la lunghezza ridotta, T il carico orizzontale, su la coesione non drenata ed Nc= 5.14. Ovviamente la coesione non drenata dovrà essere a sua volta opportunamente ridotta, applicando i coefficienti previsti nella tabella 6.2.II delle NTC 2008, in funzione dell’Approccio utilizzato. Spero di esserti stato di aiuto, considerato che l’argomento è davvero molto complesso; ma d’altra parte, dopo le esperienze maturate con il terremoto dell’Umbria – Marche e de L’Aquila sono giunto a tali conclusioni. (PS: la figura in alto è la registrazione al mio sismografo di una delle repliche principali al sisma del 6 aprile 2009 che ha colpito L'Aquila). A presto, Romolo DF.
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